La buona notizia è che tutti abbiamo fatto ritorno, nessuno si è perso nella Foresta Nera o fra le Alpi Svizzere (nonostante la nebbia fitta e la pioggia battente ci abbiano provato, a farci smarrire). Anche il maestro Marco è tornato alla sua casetta svedese in tempo per godersi qualche ora di sole, prima di ri-precipitare nel buio dell’autunno boreale.
La cattiva notizia è che il seminario Takudai 2019 è stato… non proprio all’altezza delle aspettative. Forse perché ne avevamo troppe? Mah, forse…
In effetti, l’attesa era notevole: trovarsi di fronte alcuni dei più grandi nomi del karate giapponese mette sia reverenza che timore.
La sera del venerdì, quando siamo arrivati, c’è stata la presentazione ufficiale, con tutti i maestri schierati come in un pantheon. Fra loro anche gli interpreti, più un misteriosissimo personaggio, direttamente da Tokyo, che noi, prontamente, abbiamo ribattezzato Yakuza.
La prima sessione di allenamento, condotta dai maestri Murakami e Naka, non è stata particolarmente entusiasmante: tanto lavoro fisico, ma poca tecnica. Un riscaldamento insomma, per pregustare al meglio la giornata di domani!
Solo che l’indomani, come ci spiegherà in seguito l’organizzatore Andreas, un contrasto fra i due maestri Miura e Nagai (entrambi noni dan, eh?), sconvolge il programma che s’era approntato. Risultato: si improvvisa l’intero seminario e tutta l’accurata pianificazione va a ramengo.
Il maestro Miura tiene lezione per le tre ore della mattina, improntando un ritmo blando e quasi sonnolento. I tempi sono molto dilatati, il lavoro poco e mal distribuito, ma soprattutto non in linea con le aspettative generali, né con il livello medio dei partecipanti. Insomma, era NOIOSO!
Saltuariamente, Nano-dan (come abbiamo affettuosamente ribattezzato il maestro Miura) concede un po’ di spazio al maestro Naka. Il quale sa insegnare. Ed è pure felice di farlo: lo si percepisce dal modo in cui sorride quando spiega. Tuttavia, ahilui, soffre di un’enorme limitazione: è giapponese, abituato a non contestare MAI E POI MAI la gerarchia. Così, quando il maestro Miura, nel pomeriggio, riprende la guida del seminario, non gli resta che masticare amaro e rimanere in disparte.
Chi scrive è molto amareggiato, credo traspaia. Il motivo è che, sabato pomeriggio, è venuto meno l’implicito patto maestro-allievo: anche se non puoi esprimerti liberamente, anche se sei soverchiato da uno più anziano di te col quale non condividi la visione del karate-do, non puoi esimerti dal tuo ruolo di insegnante. Rimani accanto agli allievi, fino alla morte se necessario, ti interessi, interagisci, spieghi, passi, controlli, correggi. In nessun caso puoi rimanere in disparte e pensare ai casi tuoi. Ciò è una totale mancanza di rispetto nei confronti di chi è qui e, magari, si è smazzato ore e ore di viaggio.
Ovviamente, questo discorso vale anche per chi ha abbandonato il seminario dopo la pausa di mezzogiorno: dimostra di non avere affatto lo spirito marziale che invece dovrebbe albergare in lui. Senza fare nomi, ché non sarebbe cortese…
Se le prime due sessioni sono andate così, direte voi cari lettori, chissà l’ultima, quella di domenica mattina.
Be’, innanzi tutto la forza del gruppo sta nella sua coesione. Quando uno è un po’ abbacchiato, il gruppo riesce anche a rinvigorire il morale. E noi del KCK siamo molto coesi, sapete? La forza del gruppo, poi, la si vede soprattutto a tavola, tanto venerdì quanto sabato sera!
Lo stage è andato male? Pazienza! Stinco, birra e buona compagnia lo faranno presto dimenticare. Il bello dei viaggi di istruzione del KCK è proprio questo: i fuori-programma, quando si smette il karate-gi e s’indossano gli abiti borghesi.
L’altro elemento fondamentale quando si va all’estero, è fare nuove conoscenze. Come Aiko, ad esempio, la traduttrice della maestra Watanabe; una ragazza molto simpatica e un po’ imbranata. O lo stesso Yakuza, il cui “OSSU!” rimarrà negli annali della nostra memoria.
Domenica mattina salgono in cattedra il maestro Murakami e la maestra Watanabe. Fra tutti, Murakami era quello con le idee più chiare: ha portato avanti il suo programma con metodo e disciplina. La maestra Watanabe parte alla grande, quindi ci insegna un simpatico gioco per stimolare la rapidità e i riflessi, ma poi… anche lei improvvisa la lezione poiché non sapeva più come continuare!
Insomma, cosa abbiamo imparato da questo seminario?
Di tecnico, temo, ben poco; anzi, nulla. Di umano però sì. E pure molto.
Abbiamo imparato a valutare le fragilità delle persone, a non cedere all’idea che un nome importante sia sinonimo di infallibilità, e che… be’, per citare Pirandello: «È più facile essere eroi che galantuomini. Eroi si può esserlo solo una volta ogni tanto, galantuomini bisogna esserlo sempre».
Come a dire che l’Arte va continuamente esercitata, con dedizione e costanza. Sì, esatto, come la goccia che buca la roccia. Nelle arti marziali, la superficialità non porta ad alcun risultato.
Perciò sappiate sempre essere critici. Ma allo stesso tempo compassionevoli.
E usate sempre la testa.